Featuring lead vocalist Dean Ortega (Interscope Records, RCA Victor, protégé of Jimmy Iovine, Tim Palmer, Peter Frampton) newcomer virtuoso guitarist Andrré Makina, Joey Cotero on drums and Kurt Barabas (Roswell Six, Amarans Plight) on bass. Combining complex arrangements and blistering melodic guitar their music is indisputable unassailable pure passion.
I Resurrect The Machine sono un’efficace dimostrazione del fatto che la “tradizione” può essere tranquillamente recuperata senza trasformarsi in una prestazione artistica pacchiana e acritica.
Per ottenere tale risultato è “sufficiente” possedere vocazione, passione, creatività e talento tecnico, tutte doti che i nostri californiani condensano in questo “Uncover the truth”, un albo che procurerà più di un fremito a quanti amano “maestri” come Judas Priest, Metallica, Black Sabbath e Dio e inevitabilmente hanno nel cuore pure “gente” del calibro di Sword (quelli canadesi), Malice e Metal Church.
Heavy metal “classico”, dunque, screziato di thrash n’ speed, che nelle sapienti mani di Dean Ortega, power vocalist di notevole espressività, Andre Makina, costruttore instancabile di riff e assolo vincenti, e della potente e brillante sezione ritmica Cotero / Barabas, tramuta un “bel ricordo” in una realtà inossidabile.
Il suono è impetuoso e grazie a un costante gusto melodico e un’opportuna dose di fantasia compositiva il programma assicura elevati livelli d’interesse e di godibilità cardio-uditiva per tutta la sua durata.
L’onda sonica comincia a travolgere l’astante fin dall’atto d’apertura “Rush”, possente, frenetico ed evocativo, sensazioni riproposte immediatamente dalle cadenze d’acciaio di “Kaos” (bello il fascinoso break ad ampio respiro) e dalle incalzanti atmosfere caliginose di “Meet your maker“, che uniscono tensione e immediatezza.
“Creeper” e le due porzioni di “No reason” (con qualcosa dei Warlord nel pre-finale di brano) mescolano Bay-Area e NWOBHM, mentre “Cannnibal” è un gioiellino in note sinistro e alieno, che striscia subdolamente dritto al centro dei sensi.
Si continua con “Headed for the sun”, che suona come il frutto di una proficua jam session tra Metallica e Rainbow, e se qualcuno si fosse mai chiesto cosa potrebbe succedere se Death Angel, Iron Maiden e Judas Priest incrociassero il loro arsenale espressivo, “Resurrect the machine” arriva a fornire qualche plausibile indicazione e a porre il sigillo ad un lavoro piuttosto riuscito.
Il plauso conclusivo lo riserviamo alla Minotauro Records, una “piccola” eccellenza discografica italiana da molti anni garanzia di competenza e di grande attenzione per la sempre pulsante scena metallica underground.
Recensione a cura di Marco Aimasso